venerdì 11 marzo 2011

Leopardi



La formazione culturale

Gli studi compiuti da autodidatta nella ricchissima biblioteca paterna gli permettono di acquisire una vasta e profonda conoscenza sia della cultura cristiano-ebraica sia di quella greco-latina, oltre che della letteratura italiana fino ad Alfieri e Foscolo. Successivo, anche se di poco, è l’incontro con i maggiori  esponenti dell’illuminismo, le cui opere, a causa dell’avversione del conte Monaldo verso questo indirizzo filosofico, non sono inizialmente disponibili nella biblioteca di casa Leopardi. Il fascino esercitato dalla civiltà classica e l’influenza illuministica sono comunque le componenti essenziali della sua formazione culturale, che egli cercherà costantemente di integrare e conciliare.

Il sensismo

Di particolare importanza è l’adesione al sensismo, cioè a quella tendenza filosofica interna all’illuminsismo, secondo la quale la conoscenza che l’uomo ha dell’universo è interamente costituita dalle informazioni che i sensi gli inviano. È bene osservare che rtale filosofia, rigorosamente materialistica, esclude ogni concezione trascendente, cioè ogni ipotesi di un mondo di perfezione situato al di là del mondo sensibile; in particolare, nega ogni credibilità alla religione, dal momento che questa proclama delle verità che la conoscenza sensoriale non può riconoscere per tali.

La teoria del piacere

Di chiara derivazione sensista è anche la teoria del piacere, secondo cui l’uomo ha in sé un desiderio infinito di provare piacere, ma per i suoi stessi limiti fisici non può che soddisfarne una minima parte. La nostra natura è tale che tutto ciò che maggiormente ci piace finisce, se lo si persegue senza cautela,  per provocare danni all’organismo. Nasce perciò un attrito fra l’infinita aspirazione al piacere e l’esigua possibilità di porvarlo, cosicché insoddisfazione e tedio sono elementi ineliminabili della condizione umana. Al dolore che domina la nostra esistenza si contrappongono rari ed effimeri momenti di gioia, legati a due situazioni ben precise: 1. l’intensa e vivace attesa di una felicità futura (Il sabato del villaggio); 2. la cessazione di un dolore (La quiete dopo la tempesta). Si tratta in entrambi i casi di una concezione negativa, poiché la felicità è sempre un bene goduto in modo precario e nasce comunque non dal pieno possesso di ciò che si desidera, ma da un errore di valutazione, e quindi da un autoinganno, o dall’assenza di ciò che ci fa soffrire.

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